Inflazione Usa al +7,0% a Dicembre. In linea con le attese. Mercati composti. La Fed agira’, da marzo in poi, con almento 3 rialzi dei tassi. BCE ottimista: crescita europea robusta anche nel 2022. Non si ferma la corsa del petrolio: WTI sopra 82/barile.
Alla fine, l’annuncio che l’inflazione dei prezzi al consumo negli Usa ha raggiunto il +7,0% anno su anno a Dicembre e’ stato ricevuto senza traumi dai mercati finanziari, con le maggiori Borse che hanno chiuso la seduta di ieri, 12 gennaio, in buon rialzo.
L'inflazione negli Usa cresce alla velocita’ piu’ alta dal 1982, con un aumento mensile del +0,5%, in rallentamento rispetto al +0,8% di novembre, ma leggermente sopra le attese di +0,4%. Il dato "core", cioe’ al netto delle componenti piu’ volatili di cibo ed energia, ha segnato +0,6% mensile, che si confronta col +0,5% delle attese e del mese precedente.
L’inflazione “core”, su base annua, è cresciuta del +5,5% dal +4,9% di novembre, ai massimi dal 1991.
A questo punto, ben si comprende perche’ anche ieri il Chairman della FED (Banca Centrale Americana), Jerome Powell, nel giorno della sua investitura ufficiale per il secondo mandato, abbia ribadito come la Banca Centrale si predisponga ad utilizzare tutti gli strumenti utili a ridimensionare questa nociva impennata dei prezzi.
Il perdurare di questa tendenza al rialzo rischia di alimentare una dannosa spirale prezzi/salari e offuscare la prospettiva di crescita della maggior economia mondiale, mettendo in difficolta’ le famiglie consumatrici, le aziende, e minacciando, se non ricondotta sui binari della “normalita’”, l’obbiettivo di piena occupazione.
Oltre che aspettarsi almeno tre rialzi dei tassi nel corso del 2022, gli analisti prefigurano anche che, a partire dall’estate, la FED inizia anche ad essere venditrice netta di titoli, riducendo in tal modo il proprio cumulo di assets creato da anni di “quantitative easing”.
Alla fine, le Borse europee hanno chiuso bene una seduta che gia’ dalla mattinata si era prospettata all’insegna di un misurato ottimismo: il Ftse100 britannico ha segnato +0,81%, il Dax tedesco +0,43%, il Cac40 francese +0,75% ed il FtseMib milanese +0,65%. Anche a Wall Street frazionale recupero in chiusura: Dow Jones +0,11%, S&P500 +0,28% e Nasdaq +0,23%.
Non e’ stato solo Powell a parlare ieri in rappresentanza della Banca Centrale Usa: il membro votante del Fomc (Comitato di politica monetraia) e Presidente della Fed regionale di Philadelphia, Patrick Harker, in un’intervista al Financial Times, ha ribadito che i rialzi dei tassi ufficiali, nel corso del 2022 e a partire da marzo, potrebbero essere anche piu’ di 3, se necessario.
Intanto, nel pomeriggio di oggi, parlera’ al Senato Usa la Signora Leal Brainard, vice di Jerome Powell: anche da Lei potrebbe venire qualche nuovo dettaglio sul “path” (sentiero) degli imminenti rialzi.
Sul versante europeo e’ invece pubblicato l’atteso Rapporto Mensile della Banca Centrale Europea, anch’esso incentrato sul tema della crescita dei prezzi oltre che su tassi di interesse, occupazione, e nuova emergenza sanitaria da Covid.
La Banca centrale rallentera’ da inizio 2022 e sino marzo, quando li interrompera’ definitivamente, gli acquisti di titoli di Stato nell’ambito del Pepp (programma per l'emergenza pandemica).
Questo non significhera’ uno stop definitivo agli acquisti, poiche’ i reinvestimenti dei bond giunti a scadenza saranno estesi almeno sino alla fine del 2024 ed effettuati in modo “flessibile” nel tempo, tra le diverse tipologie e in modo selettivo tra i vari Paesi che emittono titoli del debito pubblico.
L’economia dell’Unione Europea, pur restando in espansione, e’ in un momento di rallentamento dovuto alle restrizioni da Covid, ma dovrebbe tornare ad una robusta crescita, grazie alla vivace domanda di beni e servizi. L'inflazione resterà ben oltre il +2% per tutto il 2022, con il rischio di essere alimentata dagli aumenti salariali oltre che dall’accelerazione dei prezzi di mote materie prime.
Nel frattempo, prosegue la corsa al rialzo del prezzo del petrolio, che col +1,6% di ieri, ha raggiunto, nel caso del WTI (greggio di riferimento nord americano), gli 82,6 Dollari/barile, dove lo troviamo anche stamane (ore 12.00 CET).
Chiusure per lo piu’ negative per le Borse asiatiche stamattina, 13 gennaio: Nikkei giapponese -0,96%, ma Hang Seng di Hong-Kong +0,11%, Kospi coreano a -0,35%, CSI300 della Cina continentale -1,64%, sul riaffiorare della crisi finanziaria dei big immobiliari, tra cui Shimao Group, fino ad ora considerato solido.
Sul fronte valutario si accentua l’indebolimento del Dollaro Usa, col fixing verso Euro sopra quota 1,146 Dollari, mentre e’ stabile lo spread tra Btp decennali e omologhi Bund tedeschi a 138 bps. Il BTP decennale italiano rende +1,33% ed il Treasury 10 anni Usa il +1,75% (ore 12.30 CET).
Le Borse europee chiudono pressoche’ invariate la mattinata di oggi, 13 gennaio, ed anche i future su Wall Street sono poco mossi, mentre l’oro, dopo 3 giorni di recuperi, e’ stabile a 1.824 Dollari/oncia.
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