Eโ probabile che per un โmillennialโ sia difficile fare distinzione. Per chi lavora a WallStreet dal 2009, anno da cui eโ partito un rally senza precedenti eโ difficile vendere il mercato in presenza di una Fed cosiโ presente, decisa ed aggressiva.
โNever fight the FEDโ il mantra che hanno imparato dai loro capi nel 2009, mantra che si eโ sempre rivelato giusto e vincente.
Ma saraโ anche questa volta cosi?
Nel commento di preapertura di ieri mattina abbiamo sottolineato come lโintervento da oltre 6 trillioni di USD della FED, di fatto, ha ridotto sensibilmente, per non dire eliminato, il rischio finanziario, vale a dire il rischio che molte aziende e lโeconomia si trovassero in una crisi finanziaria.
Tuttavia, eliminare il rischio finanziario non significa eliminare il rischio economico. Sono due cose distinte.
Il rischio finanziario eโ stato sensibilmente ridotto assicurando che i crediti delle aziende potessero essere trasformati in cash il piuโ velocemente possibile. Questo per garantire sufficiente liquiditaโ al sistema in un momento di totale assenza di nuovi flussi di cassa in entrata. Stessa cosa vale per lโacquisto di bond dagli stati e comuni e per lโacquisto di bond non investment grade. Lo scopo eโ quello di evitare la paralisi finanziaria del sistema.
Questa cosa eโ buona e giusta, ma non consente di ridurre il rischio economico, che invece ha a che fare con il rallentamento della crescita, delle produzione, del PIL legato al rallentamento della domanda di beni e servizi, degli investimenti, della spesa pubblica e delle esportazioni nette.
Concentriamoci sul primo punto: il rallentamento della domanda.
Non cโeโ bisogno di essere dei dottorati in Economia per comprendere che il livello della domanda aggregata dipenda dai livelli occupazionali. Se cโeโ occupazione, cโeโ reddito, che si trasforma in consumi e risparmi.
E allora eโ dal mercato del lavoro che dobbiamo partire per capire quanto saraโ profonda questa crisi.
I dati sono allarmanti e ben peggiori di quelli registrati nella crisi del 2009 che tanto aveva spaventato i mercati.
L' andamento del tasso di disoccupazione USA dal dopo guerra. Esso ha superato il 10% nella crisi del 1984 e lo ha toccato nella crisi del 2009.
Le previsioni per lโattuale crisi sono per uno spike ad (almeno) il 20%.
Domani pomeriggio verranno pubblicati i dati sui Jobless Claims. Eโ atteso un numero attorno ai 5.5 milioni che porterebbe il totale dei jobless claims nelle ultime 4 settimane a superare i 22 milioni di persone. Questo su un totale di 330.000.000 di persone, che ovviamente non rappresentano la forza lavoro che eโ ben piuโ bassa e pari a circa 235.000.000.
E non basta. Questi numeri sono destinati a salire nelle prossime settimane. Molti lavoratori non stanno chiedendo i sussidi percheโ di fatto non sanno di essere disoccupati. Sono ancora li, come noi Italiani, a cercare di ottenere lโassegno governativo per questo periodo di lockdown.
Ben presto, anche questi lavoratori capiranno che il loro datore di lavoro non saraโ piuโ in grado di dar loro uno stipendio o che il loro lavoro (da autonomi) non ci saraโ piuโ dopo il lockdown.
Ma non finisce qua. Ai numeri qua sopra, si devono aggiungere coloro che hanno rinunciato a cercare un lavoro. Essi erano pari a 1.76 milioni si persone a marzo. Tali (ex) lavoratori, non rientrano tra i disoccupati, ma ai nostri fini (stimare la domanda aggregata) contano e come!
Il tasso di disoccupazione in USA potrebbe andare a toccare anche il 30% nel 2020, tre volte il livello di disoccupazione toccato nel 2009 e addirittura sopra il 25% di disoccupazione toccato nella great depression del 1929.
E con questi numeri, โi Millennialsโ continuano a comprare lo S&P500 come se lo scenario piuโ probabile sia quello di una ripresa a V dellโeconomia USA e di quella mondiale. Non sarebbe piuโ razionale valutare lโipotesi di uno scenario a โLโ? o almeno a โUโ che tenga conto del tempo necessario per riassorbire tale gap occupazionale???
Lo S&P500 a questi livelli sconta un rallentamento temporaneo ed un veloce ritorno alla normalitaโ.
Tale scenario, ahimeโ, sembra sia sposato anche dal FMI internazionale che prevede un crollo del PIL mondiale nel 2020 ma una forte ripresa nel 2021.
La contrazione globale prevista dal FMI per il 2020 nelle stime pubblicate ieri eโ del 3%. Essa sarebbe seguita da un rimbalzo del 5.8% nel 2021.
Solo per usare un metro di paragone, la contrazione del PIL mondiale nella crisi finanziaria del 2009 era stata dello 0.1%.
Lo stesso report evidenzia, tuttavia, che il recupero nel 2021 dipenderaโ da molti fattori quali la durata della Pandemia, i suoi effetti sui livelli di produzione e lo stress sui mercati finanziari e delle commodities.
Lo spaccato geografico favorisce lโeconomia USA rispetto a quella Europea. (questo viene riflesso anche nelle performance degli indici azionari). Lโeconomia Americana eโ vista in calo del 5.9% questโanno per poi recuperare con una crescita del 4.7% nel 2021. Lโeconomia Europea, invece, dovrebbe subire una flessione del 7.5% per poi beneficiare di una crescita del 4.7% nel 2021.
Le previsioni di cui sopra si basano su uno scenario piuttosto positivo, caratterizzato dalla progressiva estinzione del virus ed escludono la possibilitaโ di un suo ritorno.
Sappiamo quanto poco attendibili siano sempre state nel tempo le previsioni degli economisti, ci soffermiamo quindi sui dati tangibili, quelli evidenti.
Il mercato del lavoro in USA e probabilmente anche quello in Europa evidenzieranno una picture agghiacciante. Da questa dobbiamo partire per elaborare le nostre scelte di investimento.
โNever fight the FEDโ il mantra che hanno imparato dai loro capi nel 2009, mantra che si eโ sempre rivelato giusto e vincente.
Ma saraโ anche questa volta cosi?
Nel commento di preapertura di ieri mattina abbiamo sottolineato come lโintervento da oltre 6 trillioni di USD della FED, di fatto, ha ridotto sensibilmente, per non dire eliminato, il rischio finanziario, vale a dire il rischio che molte aziende e lโeconomia si trovassero in una crisi finanziaria.
Tuttavia, eliminare il rischio finanziario non significa eliminare il rischio economico. Sono due cose distinte.
Il rischio finanziario eโ stato sensibilmente ridotto assicurando che i crediti delle aziende potessero essere trasformati in cash il piuโ velocemente possibile. Questo per garantire sufficiente liquiditaโ al sistema in un momento di totale assenza di nuovi flussi di cassa in entrata. Stessa cosa vale per lโacquisto di bond dagli stati e comuni e per lโacquisto di bond non investment grade. Lo scopo eโ quello di evitare la paralisi finanziaria del sistema.
Questa cosa eโ buona e giusta, ma non consente di ridurre il rischio economico, che invece ha a che fare con il rallentamento della crescita, delle produzione, del PIL legato al rallentamento della domanda di beni e servizi, degli investimenti, della spesa pubblica e delle esportazioni nette.
Concentriamoci sul primo punto: il rallentamento della domanda.
Non cโeโ bisogno di essere dei dottorati in Economia per comprendere che il livello della domanda aggregata dipenda dai livelli occupazionali. Se cโeโ occupazione, cโeโ reddito, che si trasforma in consumi e risparmi.
E allora eโ dal mercato del lavoro che dobbiamo partire per capire quanto saraโ profonda questa crisi.
I dati sono allarmanti e ben peggiori di quelli registrati nella crisi del 2009 che tanto aveva spaventato i mercati.
L' andamento del tasso di disoccupazione USA dal dopo guerra. Esso ha superato il 10% nella crisi del 1984 e lo ha toccato nella crisi del 2009.
Le previsioni per lโattuale crisi sono per uno spike ad (almeno) il 20%.
Domani pomeriggio verranno pubblicati i dati sui Jobless Claims. Eโ atteso un numero attorno ai 5.5 milioni che porterebbe il totale dei jobless claims nelle ultime 4 settimane a superare i 22 milioni di persone. Questo su un totale di 330.000.000 di persone, che ovviamente non rappresentano la forza lavoro che eโ ben piuโ bassa e pari a circa 235.000.000.
E non basta. Questi numeri sono destinati a salire nelle prossime settimane. Molti lavoratori non stanno chiedendo i sussidi percheโ di fatto non sanno di essere disoccupati. Sono ancora li, come noi Italiani, a cercare di ottenere lโassegno governativo per questo periodo di lockdown.
Ben presto, anche questi lavoratori capiranno che il loro datore di lavoro non saraโ piuโ in grado di dar loro uno stipendio o che il loro lavoro (da autonomi) non ci saraโ piuโ dopo il lockdown.
Ma non finisce qua. Ai numeri qua sopra, si devono aggiungere coloro che hanno rinunciato a cercare un lavoro. Essi erano pari a 1.76 milioni si persone a marzo. Tali (ex) lavoratori, non rientrano tra i disoccupati, ma ai nostri fini (stimare la domanda aggregata) contano e come!
Il tasso di disoccupazione in USA potrebbe andare a toccare anche il 30% nel 2020, tre volte il livello di disoccupazione toccato nel 2009 e addirittura sopra il 25% di disoccupazione toccato nella great depression del 1929.
E con questi numeri, โi Millennialsโ continuano a comprare lo S&P500 come se lo scenario piuโ probabile sia quello di una ripresa a V dellโeconomia USA e di quella mondiale. Non sarebbe piuโ razionale valutare lโipotesi di uno scenario a โLโ? o almeno a โUโ che tenga conto del tempo necessario per riassorbire tale gap occupazionale???
Lo S&P500 a questi livelli sconta un rallentamento temporaneo ed un veloce ritorno alla normalitaโ.
Tale scenario, ahimeโ, sembra sia sposato anche dal FMI internazionale che prevede un crollo del PIL mondiale nel 2020 ma una forte ripresa nel 2021.
La contrazione globale prevista dal FMI per il 2020 nelle stime pubblicate ieri eโ del 3%. Essa sarebbe seguita da un rimbalzo del 5.8% nel 2021.
Solo per usare un metro di paragone, la contrazione del PIL mondiale nella crisi finanziaria del 2009 era stata dello 0.1%.
Lo stesso report evidenzia, tuttavia, che il recupero nel 2021 dipenderaโ da molti fattori quali la durata della Pandemia, i suoi effetti sui livelli di produzione e lo stress sui mercati finanziari e delle commodities.
Lo spaccato geografico favorisce lโeconomia USA rispetto a quella Europea. (questo viene riflesso anche nelle performance degli indici azionari). Lโeconomia Americana eโ vista in calo del 5.9% questโanno per poi recuperare con una crescita del 4.7% nel 2021. Lโeconomia Europea, invece, dovrebbe subire una flessione del 7.5% per poi beneficiare di una crescita del 4.7% nel 2021.
Le previsioni di cui sopra si basano su uno scenario piuttosto positivo, caratterizzato dalla progressiva estinzione del virus ed escludono la possibilitaโ di un suo ritorno.
Sappiamo quanto poco attendibili siano sempre state nel tempo le previsioni degli economisti, ci soffermiamo quindi sui dati tangibili, quelli evidenti.
Il mercato del lavoro in USA e probabilmente anche quello in Europa evidenzieranno una picture agghiacciante. Da questa dobbiamo partire per elaborare le nostre scelte di investimento.
Note
Lโanalisi di preapertura ed i commenti che invio durante la giornata non costituiscono indicazioni di operativitร . Si tratta di rumors provenienti dai miei contatti nelle trading room italiane e internazionali. Eโ il pensiero degli operatori professionali, che a volte puรฒ essere completamente diverso dallโoperativitร indicata che รจ frutto dellโanalisi tecnica del mio metodo per quello specifico giorno. I commenti vanno invece intesi e interpretati come โsentimentโ dellโoperatore professionista in una ottica temporale piรน ampia.Disclaimer
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