Nuovi massimi storici per i mercati azionari americani, sulla scia dei risultati di Nvidia, che hanno decisamente superato le previsioni. Le azioni del colosso dei semiconduttori hanno guadagnato circa il 16% dopo che la società ha registrato ricavi record e ha pubblicato previsioni ottimistiche in un contesto di domanda robusta, suggerendo che il rally alimentato dall’intelligenza artificiale continuerà.

L’S&P500 e il Nasdaq sono saliti rispettivamente del 2.11% e del 2.96%, con percentuali che rappresentano i maggiori guadagni giornalieri da oltre un anno a questa parte. Il Dow Jones, dal canto suo, ha fatto registrare +1.18%, toccando anch’esso un nuovo massimo di sempre.

In un contesto di mercati azionari in euforia, il resto degli asset si muove con cautela, come se invece fosse presente una potenziale avversione al rischio, dato che i rendimenti del decennale USA continuano a salire (+4.35%), mentre sui cambi, il dollaro, nonostante qualche correzione contro alcune valute, mantiene comunque una certa forza. Chi sta mentendo?

A giudicare dalla concentrazione di volumi sui listini e solo su alcuni titoli, forse sono proprio le borse che in questo momento non ci raccontano tutta la verità, ma è chiaro che vanno fatti i conti con la realtà, che ancora vede nuovi massimi storici formarsi ogni giorno, senza soluzione di continuità.

DATI MACRO USA

Il numero di persone che hanno richiesto l'indennità di disoccupazione negli Stati Uniti è sceso di 12.000 unità a 201.000 nella settimana terminata il 17 febbraio, ben al di sotto delle aspettative del mercato, di 218.000, il livello più basso da quasi un anno e mezzo a questa parte, ovvero quel 189.000 registrato e poi mai più rivisto.

Le richieste continuative sono scese a 1.862.000 rispetto al periodo precedente, al di sotto delle aspettative di 1.885.000. I dati si aggiungono al forte rapporto sull’occupazione di gennaio, che costringe la Fed a rimanere restrittiva sui tassi, in ragione anche di una inflazione che scende ma ancora troppo lentamente.

VALUTE
La giornata di ieri ha riportato un poco di volatilità nel mercato dei cambi, con oscillazioni bilaterali generate dai dati sui PMI che in mattinata hanno spinto l’euro sulle resistenze, mentre nel pomeriggio, è successo esattamente il contrario con il ritorno del dollaro e una moneta unica che ha ripiegato intorno a 1.0800. Molto più solida la sterlina, che ha tenuto quota 1.2600 e in serata si è riportata a 1.2660 in un contesto di mercato che vede confusione anche all’interno dei cambi con correlazioni che saltano.

Il UsdJpy, infatti, prosegue nella sua corsa, in assenza della BoJ che sembra nascondersi, e sale a 150.60, ormai non lontano da quel 152.00 che sembra a portata di mano. Cross dello Jpy sugli scudi, da EurJpy, che sembra voler attaccare le resistenze di medio a e il massimo precedente a 164.00, fino a GbpJpy passando per NzdJpy. Le oceaniche paiono in ripresa, con AudUsd che tenta di attaccare 0.6620 30 area mentre NzdUsd è arrivata al test dell’analogo 0.6220-30, che per ora ha tenuto, ma la price action potrebbe deporre per un breakout.

In ogni caso sui cambi si respira ancora incertezza con oscillazioni che sono temporanee e ancora in trading range. Tutto dipenderà dalle decisioni delle banche centrali e in questo momento, uno dei cambi che ne ha risentito maggiormente è NzdCad, considerato che c’è la sensazione che dopo gli ultimi dati, la Bank of Canada possa essere una delle prime a ridurre il costo del denaro, mentre in Nuova Zelanda, si è parlato ancora di possibili rialzi. Saranno questi i temi che sposteranno gli equilibri nel forex nelle prossime settimane.

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BCE COME LA FED

Dalle minute presentate dalla BCE, emerge la volontà della Banca Centrale di aspettare ancora, prima di ridurre i tassi di interesse. Il tutto, nonostante le recenti indicazioni di un raffreddamento delle pressioni inflazionistiche nell’intera Eurozona. I membri del board hanno espresso preoccupazione per il fatto che tale mossa potrebbe essere prematura e causerebbe un ritardo nella discesa dell’inflazione ai livelli obiettivo.

A gennaio la BCE ha mantenuto i tassi di interesse invariati a livelli record e si è impegnata a mantenerli su livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario a riportare tempestivamente l’inflazione al target del 2%.

Sul fronte dati l’indice PMI composito dell’Eurozona è salito a 48,9 nel febbraio 2024, rispetto a 47,9 del mese precedente e al di sopra del consensus di mercato di 48,5, secondo la stima preliminare. L’ultima lettura ha segnalato comunque il nono mese consecutivo di calo della produzione, sebbene la contrazione sia stata la più debole dallo scorso giugno, poiché una stabilizzazione della produzione nel settore dei servizi ha compensato un’ulteriore forte flessione nel settore manifatturiero.

L'afflusso di nuovi ordini ha continuato a diminuire, mentre i livelli occupazionali sono aumentati per il secondo mese consecutivo. Sul fronte dei prezzi, l’inflazione da costi di produzione e quella dei prezzi di vendita hanno accelerato al rialzo.

Infine, la fiducia delle imprese è migliorata per il quinto mese consecutivo a febbraio, raggiungendo il livello più alto dallo scorso aprile, tra le speranze di una riduzione delle pressioni sul costo della vita e le aspettative di tassi di interesse più bassi nell’anno a venire.

TURCHIA, TASSI ANCORA AL 45%

La Banca Centrale Turca ha mantenuto il tasso di interesse al 45% a febbraio, in linea con le aspettative, in ragione di un indice dei prezzi che ancora è troppo alto per poter abbassare il costo del denaro. A gennaio, il tasso di inflazione annuale è salito al 64,86%, il più alto da novembre 2022. Questa decisione segnala una rottura nella tendenza di rialzi consecutivi dei tassi attuati dallo scorso maggio ed è il primo sotto il nuovo governatore della banca centrale, Fatih Karahan.

Il Consiglio ha sottolineato che il tasso attuale rimarrà invariato finché i tassi di inflazione mensili non mostreranno una diminuzione significativa e sostenuta e non si allineeranno alle previsioni. Eventuali segnali di un peggioramento delle prospettive di inflazione indurranno un inasprimento della politica monetaria. Ha aggiunto che le decisioni saranno guidate dall’obiettivo di ridurre l’inflazione e raggiungere un obiettivo del 5% nel medio termine, tenendo conto degli effetti ritardati delle precedenti misure di inasprimento.

Buona giornata e buon trading.

Saverio Berlinzani



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